L’Associazione Terre Native ETS persegue una fitta attività di ricerca incentrata sulla tematica del radicamento, sia attraverso lo studio e la consultazione in archivio di manoscritti e documenti del passato, sia attraverso un’azione diretta sul proprio territorio. Diversi sono gli ambiti di indagine dell’Associazione che, attraverso un’opera di pubblicazione, riscoperta e approfondimento di diversi contesti di appartenenza, ha tra i sui obiettivi quello di permettere una conoscenza approfondita delle proprie e altrui terre native, con l’obiettivo di fondare un vero e proprio centro di studi sul tema.
Emiliani recenti. Superare la soglia
Il progetto si propone di interessare i cittadini emiliani alle comunità altre che negli ultimi decenni si sono stabilite in città e in provincia, dove hanno ricavato luoghi identitari propri e autogestiti, con funzione di ritrovo, di omogeneità e di reciproca assistenza con i propri connazionali. Comunità emiliane recenti a tutti gli effetti, ma verso le quali la città storica fatica a rapportarsi. Si convive, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle piazze, nei quartieri, ma c’è una difficoltà – spesso una timidezza, più che una diffidenza – a varcare la soglia dell’esperienza altrui. Eppure le chiese ortodosse, le moschee, i templi Sikh, le chiese evangeliche hanno una grande diffusione e sono fortemente riconoscibili come luoghi di culto e di rispetto, poiché proprio attorno alla religione si salda prevalentemente la coesione delle singole etnie. Sono tuttavia luoghi dove nessun autoctono ritiene di potersi affacciare, nel timore della propria differenza, del non essere gradito. Eppure attraverso un affacciarsi curioso e non prevaricante ci si potrebbe scoprire reciprocamente abitanti della stessa terra, si potrebbe cominciare a dare un nome e un cognome all’altro che abitualmente incrociamo e spesso schiviamo, in nome di una superficialità che non fa onore alla capacità di accoglienza che da sempre contraddistingue la nostra città. La scommessa di Emiliani recenti è quella di schiudere qualche porta chiusa, di creare una relazione di avvicinamento e una possibilità di frequenza che il cittadino difficilmente si potrebbe concedere in quanto singolo, attraverso una serie di iniziative concertate con le comunità disponibili.
La legge e il codice. Cronache dell’Appennino reggiano
Grazie a una ricerca in corso presso la sede dell’Archivio di Stato di Reggio Emilia, l’Associazione Terre Native è impegnata nella ricostruzione di alcuni episodi di cronaca avvenuti negli anni immediatamente successivi all’unificazione del Regno d’Italia nell’alto Appennino reggiano.
L’idea è di scoprire gli esiti sociali di una tale unificazione in territori periferici e geograficamente lontanissimi rispetto agli accadimenti di quegli anni, nello scontro con una società non ancora toccata da leggi regolamentate e che regge la propria unità su codici verbali antichi.
Le microsocietà intellettuali. Storia e attualità dell’avanguardia decadista
Con l’obiettivo di approfondire gli studi sulle Décades di Pontigny, si intendono esplorare tre microsocietà intellettuali – le Décades di Pontigny, i Simposi del Mount Holyoke College, i Colloqui di Cerisy-la-Salle – divenute emblema di un’inedita forma di cooperazione intellettuale capace di situarsi attivamente all’interno della vicenda storica del Novecento. Attraverso una condivisione di competenze provenienti dai diversi ambiti del sapere umano, forte della convinzione di una permeabilità e di una collaborazione tra i vari domini della conoscenza, questa forma di microsocietà intellettuale si è sviluppata a partire dall’esperimento d’avanguardia delle Décades di Pontigny, fondate nel 1910 nell’abbazia borgognona di Pontigny grazie all’operato del filosofo e professore parigino Paul Desjardins. A partire dai simposi estivi di Pontigny, era grazie alla cooperazione e alla sinergia tra gruppi di filosofi, pensatoi, politici e intellettuali che ci si riuniva con l’obiettivo di discutere tematiche dalla forte connotazione storica: l’incombenza delle guerre mondiali, la diffusione dei regimi totalitari, il sindacalismo operaio, la formulazione di un diritto comune ai popoli e alle culture.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e il trasferimento al Mount Holyoke College in Massachusetts, l’eredità di Pontigny proseguiva grazie all’operato del filosofo Jean Wahl nei Simposi di Pontigny en Amérique, in cui si riunivano i grandi intellettuali europei esiliati da un’Europa antisemita e totalitaria. Promuovendo l’incontro culturale come momento riflessivo per la rigenerazione morale e spirituale dell’Europa, l’entourage dei Simposi si poneva alla base di un movimento di Resistenza intellettuale che vedeva nel radicamento in un collettivo di respiro europeo l’unico antidoto alla disgregazione culturale, sociale e storica dei primi anni Quaranta. Con la fine della guerra molti intellettuali esiliati negli Stati Uniti tornarono in Francia, dove gli eredi di Desjardins iniziarono a organizzare i Colloqui di Cerisy-la-Salle su influsso dello spirito collegiale di Pontigny. È allora lo sviluppo di una vera e propria filosofia del radicamento a porsi alla base di una tale ricerca: motivo fondante di questi collettivi è stato un ripensamento morale, spirituale e filosofico dell’Europa, promosso grazie a un rivolgimento alle antiche e comuni radici del concerto europeo, a un movimento di apertura all’universale, verso la comunità umana e il proprio tempo, ricusando ogni chiusura all’altro uomo e all’altra cultura. Attraverso l’affermazione di una filosofia in atto e profondamente calata nell’accadimento storico, tali collettivi hanno proposto una forma di radicamento e un sentimento di località e di appartenenza al luogo del tutto aperto a una dimensione collettiva e mai auto-identitaria, caratterizzato da uno slancio verso l’Altro e da un inedito ripensamento filosofico dell’Europa.
Il radicamento secondo Simone Weil
La necessità di radicarsi accompagna la vita degli uomini. Una collettività, la vita familiare, la professione, il luogo di dimora testimoniano le multiple radici dell’uomo nell’esistenza, rendendolo domestico, desideroso di una terra d’origine. Lo raccontava l’intellettuale francese Simone Weil nel suo saggio L’enracinement, scritto tra la fine del 1942 e i primi mesi del 1943, poco prima della morte dell’autrice nell’agosto dello stesso anno. Angosciata dalla sensazione di defezione nei confronti del proprio paese durante il suo esilio londinese, Simone Weil vedeva nella partecipazione diretta alla sventura comune degli uomini un antidoto allo sradicamento, fosse questo personale, sociale o politico: ai suoi occhi era nell’imminente possibilità di perdita e di disgregazione, nella dissoluzione delle generazioni che l’uomo del Novecento viveva, sradicato. In opposizione a un tale sentimento, l’intellettuale francese elaborava la categoria filosofica del radicamento, intendendolo come il bisogno più importante e misconosciuto dell’anima umana, un radicamento che sapesse accomunare gli uomini di contro all’estinguersi generale dovuto alla guerra. Era il dominio della forza e della sopraffazione a privare l’uomo delle proprie radici. Agli occhi di Simone Weil, la distruzione della città di Troia si rendeva emblema della crisi di civiltà che l’Occidente stava attraversando in quegli anni e a cui l’intellettuale francese opponeva la necessità di un radicamento morale e spirituale per la rigenerazione dell’Europa stessa. All’incombere ineluttabile della forza nella vita quotidiana europea, Simone Weil opponeva la necessità di un legame tra gli uomini capace di radicarli, grazie alla condivisione di un’appartenenza culturale e spirituale. La condizione di estremo sradicamento – operaio, contadino e infine geografico, di cui la stessa Simone Weil scriveva in L’enracinement – angosciava l’Europa degli anni Quaranta e ad essa l’intellettuale francese opponeva la ricerca nel passato delle radici comuni degli uomini europei, ponendo a fondamento della sua riflessione londinese l’indagine del fallimento occidentale e della sua origine. Ci si apriva allora alla necessità di una nuova ispirazione morale e religiosa che fosse realmente fonte di radicamento e di civiltà: era nella vocazione spirituale della Grecia antica che l’intellettuale francese rinveniva lo stimolo necessario alla ricerca di una vocazione del tutto europea.